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Una sentenza del Tribunale del Lavoro ha stabilito l’illegittimità del licenziamento di Fabio Giomi, cassiere del supermercato Pam Panorama di Siena, licenziato dopo non aver superato il cosiddetto "test del carrello", una prova occulta organizzata dall’azienda per verificare la sua attenzione contro i furti. La sentenza, oltre ad annullare il licenziamento, condanna l’azienda al reintegrò del lavoratore, al risarcimento del danno e al pagamento di tutte le spese processuali.

La trappola del "test del carrello": merce nascosta per mettere alla prova il cassiere

La vicenda risale a quando un ispettore aziendale, all’insaputa del cassiere, si presentò alla sua cassa con un carrello della spesa in cui aveva nascosto intenzionalmente piccole confezioni di merce – anche inserite in scatole di altri prodotti – simulando così un tentativo di furto. Giomi, senza accorgersi degli articoli non scansionati, fece passare la spesa. Quel mancato rilevamento fu considerato dall’azienda una grave negligenza e diede il via a un procedimento disciplinare che si concluse con la sanzione massima: il licenziamento.

Nonostante una successiva parziale marcia indietro da parte di Pam, il lavoratore, sostenuto dal sindacato Filcams CGIL di Siena, ha deciso di portare la vicenda in tribunale.

La sentenza: licenziamento annullato, vittoria per tutti i lavoratori

"Il giudice ha annullato il licenziamento, condannando Pam Panorama al reintegro, al pagamento del danno subito e alle spese processuali, tutte a carico dell’azienda", ha dichiarato Mariano Di Gioia, segretario della Filcams CGIL di Siena.

Per Fabio Giomi è una vittoria che va oltre il personale: "Questa notizia mi ha reso molto, molto felice. È un bel regalo di Natale: si finisce l'anno in bellezza", ha commentato. "Sono contentissimo, non solo per me, ma anche per la battaglia civile che abbiamo portato avanti. Sono sicuro che questa vittoria potrà diventare un punto di riferimento per tanti lavoratori".

La scelta di non arrendersi: "Ho tenuto duro per tutti"

Giomi ha ricordato di aver rifiutato una soluzione più comoda: "Avrei potuto cavarmela con 10 giorni di sospensione e oggi sarei già tornato a lavorare, ma ho deciso di tenere duro. L'ho fatto per me, per tutti i lavoratori e perché era una situazione inaccettabile".

Sul ritorno al lavoro, tempi e modalità sono ancora da definire, ma la sentenza ha stabilito un principio chiaro: metodi di controllo occulti e punitivi come il "test del carrello", se portati all’estremo della risoluzione del rapporto, possono essere dichiarati illeciti e sproporzionati, tutelando così la dignità e i diritti dei dipendenti.